Se potete riguardatevi Il Monello (lo trovate su Rai play), il celebre film muto di Chaplin. Il film è culturalmente, storicamente ed esteticamente significativo. Però non va visto per questo ma solo perché è bello. Fa piangere e ridere ma, soprattutto, ti fa riscoprire la nostalgia per il sentimento, per le cose che entrano dagli occhi e giungono direttamente in fondo alla nostra essenza più intima, più autentica. Dopo averlo visto riscopriamo il bambino che eravamo e una domanda ci assale inesorabile e crudele: “come ho fatto a diventare così?”
Siamo immersi nella tecnologia e non troviamo mai il tempo per affacciarci a guardare la nostra anima. Anzi talmente la ignoriamo che pensiamo di non averla. Il Monello, invece, in maniera silenziosa ci prende per mano e ce la fa riscoprire. Alla fine della visione il nostro mondo rumorosamente colorato e frettoloso ci sembrerà superficiale o peggio ancora freddo, inutile.
Che cosa è veramente importante per noi?
I Like?
Il Tatuaggio?
La bevuta con gli amici?
Riscopriamoci quell’essere toccato dal dito di Dio.
C’è anche un altro aspetto positivo nel vedere il film. Ci si rende conto che il nostro progresso non ci ha portato tanto lontano. Chaplin sfornava poesia per tutti.
Ogni inquadratura parla il linguaggio universale della poesia e gli oggetti per quanto semplici diventano rappresentazione della nostalgia per un mondo perfetto che, forse, non abbiamo mai conosciuto ma di cui sentiamo il ricordo dentro di noi. Pochi gesti, pochi sguardi raccontano sentimenti profondi, direi veramente umani. Oggi suono, colore, dialoghi serrati, Internet, Social media, globalizzazione hanno difficoltà a farlo. Voliamo alto con la tecnologia ma non siamo più in grado di scendere in profondità per comprendere appieno il significato della vita.
Marco Di Mico