L’università del papà

Un nostro lettore ci ha inviato una divertente, ma a tratti commovente (almeno per noi papà) riflessione sul ruolo del padre in questi nostri anni dominati dalla tecnologia e dal relativismo. Vorremmo condividerla con i maschietti -e questo è scontato- ma anche con le efficientissime e impegnatissime mamme che, spesso, vedono negli uomini una specie di macigno, di informe, ritardata, insensibile massa capace solo di seguire il calcio e i film di guerra. 
Invece… sotto sotto c’è parecchio da scoprire.

 

Già da parecchi anni sto studiando per essere un ottimo padre e ho già dato parecchi esami, per i voti che ho conseguito però, dovresti chiedere ai miei figli
Quello che ho imparato vorrei condividerlo con tutti i papà che leggono:
Ho imparato a stare zitto quando avrei voluto urlare a squarciagola e a strillare quando l’unica cosa da fare era di stare in silenzio e riflettere.
Mi sono allenato a fare la spola fra uno sport e l’altro, da una scuola all’altra, da un colloquio a una visita dentistica e ora sono pronto per la maratona monte verde Marconi.
Ho fatto corsi sul linguaggio criptico e sconosciuto dei millennium che richiede continui stage di aggiornamento
Passato notti insonni e fatto turni massacranti il deposito e prelievo di materiale umano nei locali sconosciuti e introvabili ( a proposito propongo il nobel per la pace per l’ideatore di Google Maps, senza di lui molti di noi vagherebbero ancora per le strade)
Accettato come un grande gesto d’amore un saluto sbiascicato e a voce flebile.
Ho riassettato stanze dove era scoppiato un tumulto sedato a stento dalle forze dell’ordine e sistemato armadi dove l’unica cosa da fare era usare il Napalm.
Ho camminato sentieri Imperscrutabili seguendo i loro ragionamenti e passato ore di silenzio in auto sapendo che mi stavano parlando (confesso, però, che a volte non ho ben capito cosa mi dicessero)
Ho letto libri, per aiutarli nei compiti che il vice questore Rocco schiavone definirebbe rotture di coglioni al livello otto, anche se qualcuno mi ha stupito.
Ho accettato di vedere iprogrammi televisivi improponibili e partite di calcio fra squadre dal nome e dalla nazionalità sconosciuta.
Ho dovuto prendere coscienza che ero lì come semplice supporto, un panchinaro, perché nella squadra titolare era sempre schierata la mamma. Ho cercato di fare come Altafini (chi ha la mia età se lo ricorderà) alla fine della carriera ovvero entrare in campo quasi al termine e lasciare il segno.
Sono andato a fare acquisti in negozi completamente bui e con la musica assordante per comprare dei capi di abbigliamento che, secondo me, vengono scelti a caso dai ragazzi pur di non ammettere che e’ tutto un enorme minchiata
Osservato nonni che ricordavo genitori inflessibili e dittatoriali completamente manipolati e in balia di nipoti.
Forse non ho ancora visto tutto e sono lontano dalla laurea ma di una cosa sono certo che tutto questo è una incommensurabile fortuna. Aver frequentato questo corso di studi, anche se a volte non ho capito bene alcune lezioni, è stato un vero privilegio

 

ALAN L.