Facebook. Perché?

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L’uomo è un essere sociale e questo lo sanno tutti. Ma possiamo definirlo anche un essere “social”? La socialità virtuale è uguale a quella reale?

 

 

L’uomo è un essere sociale e questo lo sanno tutti. Ma possiamo definirlo anche un essere “social”?. La socialità virtuale è uguale a quella reale?
Noi abbiamo bisogno degli altri uomini; ma abbiamo, veramente, bisogno anche di quelli immateriali con cui ci colleghiamo attraverso la rete?
Intanto voglio dire che su Facebook si possono trovare facilmente persone che hanno i nostri stessi interessi e questo è buono; inoltre c’è chi ci trova l’amore e chi un antidoto alla solitudine e anche queste sono cose buone.

Però se proprio vogliamo vedere il fenomeno nella sua completezza bisogna dire che forse su Facebook ci passiamo troppo, troppo tempo. Tempo che poi togliamo alla vita reale, ai rapporti con le persone che amiamo o alle nostre responsabilità di lavoratori, genitori, amici (reali), figli, cittadini. Il fatto è che stare su questo social ci fa sentire al centro del mondo. I nostri post non sono altro che urla per affermare la nostra esistenza, che però diviene a due dimensioni, e come tale incompleta. I “mi piace” stuzzicano il nostro narcisismo e il nostro desiderio di sentirci apprezzati.

Può succedere che subiamo una sorta di sdoppiamento della nostra persona. Una, quella reale, quasi anonima, mediocre, insoddisfatta. L’altra, quella virtuale, brillante, seguita, di successo. Sarà logico identificarsi con la seconda, nonostante sia inesistente, finta, irreale, ma in questo modo anche noi diventiamo irreali, finti, inesistenti e questo non lo so se è buono.
Inoltre l’anonimato o la protezione dello schermo ci rendono più aggressivi e irascibili. Spesso prendiamo posizioni che nella vita reale non prenderemmo perché moderate dai normali freni inibitori e dal rispetto per l’altro.

Una volta ho letto che se leggessimo dieci libri l’anno su un determinato argomento, dopo dieci anni saremmo uno dei massimi esperti su quella cosa. Allora mi sono chiesto se anche dopo dieci anni passati su Facebook modificheremo positivamente le nostre competenze e la nostra cultura. Francamente devo dire di “no”. E allora che scopo ha tutto quel tempo passato a scrivere e leggere?
Serve a sentirci vivi? Importanti? Amati? Intelligenti? Diciamo che questi nostri desideri sono giusti, è il mezzo che è sbagliato. Le ore passate su Facebook non servono quasi a niente, perché non modificano la nostra essenza e la nostra realtà, ma solo l’illusione che abbiamo di noi stessi.
Siamo sicuri che sia quello il posto adatto per questi desideri? Non è una scorciatoia inutile e sterile?
Francamente credo che dovremmo riscoprire la bellezza degli incontri fisici, reali. Perché nulla vale quanto uno sguardo, una stretta di mano, un abbraccio, un bacio. Ci stiamo accontentando di una foto quando potremmo avere una persona.

Marco Di Mico

MARCO DI MICO "LA VICENDA DI UN LAVORATORE BASTARDO"

MARCO DI MICO
“LA VICENDA DI UN LAVORATORE BASTARDO”

versione cartacea

http://www.mondadoristore.it/vicenda-lavoratore-bastardo-Marco-Di-Mico/eai978886693036/

e-book

http://www.bookrepublic.it/book/9788866935247-la-vicenda-di-un-lavoratore-bastardo/

 

 

 

 

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